Finché Lazzaro stava sotto casa sua, per il ricco c’era la possibilità di salvezza, spalancare la porta, aiutare Lazzaro, ma ora che entrambi sono morti, la situazione è diventata irreparabile. Dio non è mai chiamato direttamente in causa, ma la parabola mette chiaramente in guardia: la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo; quando manca questa, anche quella non trova spazio nel nostro cuore chiuso, non può entrare. Se io non spalanco la porta del mio cuore al povero, quella porta rimane chiusa. Anche per Dio. E questo è terribile. (Udienza generale 18 maggio 2016)
Beato l’uomo che confida nel Signore
Ger 17,5-10; Sal 1; Lc 16,19-31
PREGHIERA DEL MATTINO
Salvami, Signore, come attraverso il fuoco del più esigente degli amori, da questo mondo presente, affinché io sfugga alle fiamme eterne. Non rinunciare a correggermi come un figlio prediletto; fa’ che impari a vivere secondo il tuo cuore a immagine di Davide, al quale perdonasti tutti i suoi peccati. Concedi che la porta della mia anima si apra alla chiamata del povero e di colui che ha bisogno di tempo, di attenzione o di aiuto materiale. Fa’ che io mi serva di una misura eccessiva per servire i miei signori, i poveri, nei quali tu vieni a visitarmi.
ANTIFONA D’INGRESSO
Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore; vedi se percorro una via di menzogna, e guidami sulla via della vita.
COLLETTA
O Dio, che ami l’innocenza, e la ridoni a chi l’ha perduta, volgi verso di te i nostri cuori e donaci il fervore del tuo Spirito, perché possiamo esser saldi nella fede e operosi nella carità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
PRIMA LETTURA
Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore.
Dal libro del profeta Geremia 17,5-10
Così dice il Signore: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato
lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni».
Parola di Dio.
SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 1)
R: Beato l’uomo che confida nel Signore.
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte. R.
È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene. R.
Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina. R.
CANTO AL VANGELO (cf. Lc 8,15)
R: Lode e onore a te, Signore Gesù.
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
con cuore integro e buono
e producono frutto con perseveranza.
R: Lode e onore a te, Signore Gesù.
VANGELO
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.
+ Dal Vangelo secondo Luca 16,19-31
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore.
OMELIA
Se la pagina del vangelo di oggi si fosse limitata a descriverci soltanto la situazione iniziale dell’uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e che ogni giorno banchettava lautamente, ignaro del povero mendicante Lazzaro, coperto di piaghe, fuori della sua porta, bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla sua mensa e poi fossimo stati invitati a scegliere noi la sorte dell’uno o dell’altro, sicuramente avremmo preferito la ricchezza e il benessere alla miseria estrema del povero mendicante. Il Signore però ci trasferisce in una dimensione ultraterrena, dove i criteri di giudizio non sono più quelli umani, ma scanditi da Dio stesso. Qui i ruoli si invertono: il povero Lazzaro è stato ritenuto degno di un premio eterno con Abramo e tutti i giusti. Il ricco, sazio dei suoi beni e delle sue ricchezze, di cui ha goduto egoisticamente nella vita terrena, si è privato colpevolmente di quelle, promesse da Dio in cielo per l’eternità. Fra i due c’è ormai un abisso e le grida e le richieste del dannato non possono essere accolte da Abramo perché egli per primo, quando era in vita, non ha voluto ascoltare i gemiti del povero Lazzaro. La mancanza di amore genera distanze incolmabili. Il ricco, pur tra i tormenti, conserva un briciolo di pietà verso i cinque fratelli che, ancora nel mondo, stanno vivendo dissolutamente come lui è vissuto. Sostiene che «se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno». Quando la fede è spenta, l’amore è affogato nell’egoismo e tutte le speranze sono riposte nei beni di questo mondo «non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti». La conversione a Dio e al suo volere non è mai frutto di paura, sgorga dalla grazia, è dono dello Spirito. Anche gli apostoli avevano sentito parlare dallo stesso Cristo di risurrezione, eppure non capivano e non smettevano le loro errate convinzioni. Fin quando il nostro spirito rimane invasato dalla cupidigia, dominato dai falsi idoli, chiuso nella morsa dell’egoismo, l’amore vero e santificante dell’unico Dio non trova spazio. Si rimane legati al tempo e alle cose e la stessa risurrezione non ci convince. (Padri Silvestrini)
PREGHIERA SULLE OFFERTE
Per questo sacrificio, o Signore, santifica il nostro impegno di conversione e fa’ che alla pratica esteriore della Quaresima corrisponda una vera trasformazione dello spirito. Per Cristo nostro Signore.
ANTIFONA ALLA COMUNIONE
Beati i perfetti nella loro condotta, che camminano nella legge del Signore.
PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE
Questo sacramento continui ad agire in noi, Signore, e la sua efficacia cresca di giorno in giorno per la nostra attiva collaborazione. Per Cristo nostro Signore.
PREGHIERA DELLA SERA
Come accadde al nostro padre Giacobbe, che vide Dio in faccia, il mio cuore attraverserà le tenebre della notte fino in fondo, e scoprirà il vero tesoro. Abbandonerò tutte le false ricchezze, anche la più piccola delle quali può accecarci al punto di non farci percepire l’annuncio di coloro che sono tornati dai morti, di coloro che hanno attraversato la grande notte del Sabato Santo. Conservami piccino dinnanzi al tuo volto affinché io non conosca la trappola delle ricchezze dell’intelligenza e dell’affettività, quelle del corpo e quelle dell’anima.